Peschiera Borromeo, 27 maggio 2020 Lettera aperta sul Consultorio Familiare di Peschiera Borromeo.
L’Isolachenonc’è, circolo ARCI APS di Peschiera Borromeo, che opera da 20 anni sul territorio del sud-est milanese con l’obiettivo di promuovere il ruolo delle donne, la tutela e la salvaguardia dei loro diritti e le pari opportunità, ritiene necessario esprimersi e partecipare al dibattito in corso sulla recente apertura nella nostra città del Consultorio Fondazione Centro per la Famiglia Cardinal Carlo Maria Martini Onlus. In particolare, come componenti del Direttivo, consideriamo nostro dovere porre molta attenzione a questo delicato servizio, prescindendo da sterili polemiche, ma ponendoci domande e auspicando risposte pertinenti in merito alla concessione di locali di proprietà comunale ad un servizio privato, ad orientamento confessionale. Come è nostra prassi, non ci poniamo in modo pretestuoso o preconcetto nei confronti di provvedimenti amministrativi, ed anche in questo caso abbiamo approfondito la lettura della documentazione inerente l’iter procedurale per l’attivazione del consultorio e la concessione degli spazi. Tre sono i punti sui quali focalizziamo le nostre riflessioni: - il tipo di scelta, di indirizzo politico - il metodo applicato per perseguire lo scopo - i dubbi che ne derivano sul rispetto delle garanzie di tutela dei diritti di tutti, in particolare delle donne. Estate 2019: la pubblicazione di una lettera scritta al Sindaco dalla dott.ssa Chiarentin, ci aveva messo in allerta. La risposta pervenuta dal Sindaco evidenziava la regolarità formale del procedimento; non forniva invece alcuna risposta alle domande sull’iter per l’affidamento e i costi della ristrutturazione. E’ opportuno ricordare quanto accaduto l’estate scorsa per sottolineare come non si contesti solo oggi, ma già allora interrogativi, dubbi e richieste di chiarimenti di una singola cittadina fossero diventati anche nostri, ed oggi siamo preoccupate. Convenendo che l’iter burocratico condotto sia legittimo, ci chiediamo però: - Perché firmare un contratto di affidamento, della durata di 18 anni, prima del termine dei lavori di ristrutturazione? - Perché procedere in anticipo mentre dal documento unico di programmazione (DUP), allegato alla delibera di Giunta n.34 (13.02.2019, p. 180), si evince che l’affidamento sarebbe partito alla fine dei lavori? - Perché non aprire un pubblico dibattito per capire le esigenze della città, dopo sette anni dalla chiusura del consultorio presso l’ASL e, sulla base dei riscontri ottenuti, avviare la ricerca di un gestore che rispondesse a queste esigenze? - Perché non coinvolgere il Terzo settore e prendere in considerazione la collocazione al Centro Polifunzionale Pertini di servizi aggiuntivi, come parte di una “strategia di lungo respiro”, facendolo diventare un luogo maggiormente attrattivo, di aggregazione e prevenzione, soprattutto per le nuove generazioni, dove fare anche educazione sanitaria? - Perché, contestualmente alla decisione di cambiare destinazione d’uso per i locali di via 2 Giugno, in un primo tempo da destinare a “Casa delle Associazioni”, si decide un cambio di utilizzo, ma per le associazioni non si prevede alcuna ipotesi di collocazione praticabile? - Perché il permanere della concentrazione dei servizi primari a Bettola anziché istituire il consultorio in un’altra frazione magari potenziando il trasporto? - Perché la progettazione, che ha visto un importante investimento, ha dovuto essere integrata con ulteriori interventi migliorativi da parte della Fondazione? La compensazione dei lavori in carico alla Fondazione, esenteranno dal pagamento del canone d’affitto, già di molto calmierato secondo la normativa vigente. - Quali saranno i criteri di giudizio che si attiveranno, dopo 9 anni, per il rinnovo di ulteriori 9 anni? - Non sono tanti 9 anni per fare una valutazione? - Perché questi dubbi, da più parti già espressi, vengono ora considerati come preconcetti? - Il riferimento al fatto che uno degli spazi potrà anche essere ”luogo da condividersi con un processo partecipativo insieme alle realtà locali e al comune di Peschiera in primis, in funzione dei bisogni sociali ed aggregativi del territorio, pur nel rispetto della mission della Fondazione”, è da intendersi quindi sottoposto alla subalternità dei principi della Onlus, in locali pubblici? Contestiamo soprattutto il METODO applicato e vorremmo risposte pertinenti alle nostre perplessità. Diventano inoltre dirimenti questi interrogativi: - Perché uno spazio comunale, ristrutturato con ingenti fondi pubblici, deve essere utilizzato esclusivamente per una sola tipologia di offerta, quella confessionale cattolica, come si evidenza in modo chiaro dall’Art. 2.1 dello statuto della Fondazione: “Scopo della Onlus è la promozione ed il sostegno alla coppia , alla famiglia, ed alla maternità secondo la visione cristiana della persona, della sessualità e della famiglia , in sintonia con il magistero della Chiesa e secondo le direttive pastorali della diocesi di Milano”. Inoltre dalla mission si evince: “La Fondazione Centro per la Famiglia Cardinal Carlo Maria Martini Onlus nasce per promuovere, secondo la visione cristiana, il benessere e la salute della persona, della coppia e della famiglia, assicurando ascolto e accoglienza, senza discriminazione alcuna.” Oggi è cambiato il concetto di famiglia, coppia e genitorialità, quale accoglienza avranno coloro che non rientrano nella famiglia tradizionale confessionale cattolica? Un consultorio, laico per definizione, ha un approccio universale, quindi che garanzia abbiamo che venga rispettato il vero senso istitutivo dei consultori? - Che dire inoltre del fatto che: “Ai sensi della D.G.R. n.7/2594 del 11/12/2000 sono escluse dalle prestazioni del Consultorio quelle relative all’interruzione della gravidanza, comprese quelle connesse e/o dipendenti da essa.” Nei consultori pubblici invece si possono avere anche i certificati per l’interruzione della gravidanza e informazioni su tutti i metodi contraccettivi. Quindi perché investire risorse pubbliche in un servizio che soddisferà solo parte della cittadinanza e destinare uno spazio pubblico ad un consultorio dichiaratamente confessionale quando altri consultori appartenenti alla stessa Fondazione (Melzo, Vimercate, Cernusco, San Giuliano), hanno trovato sede in Parrocchie o spazi privati? In tutti questi comuni sono presenti in alternativa anche consultori pubblici, e il consultorio oggi ospitato in via 2 Giugno aveva sede in spazi parrocchiali a San Giuliano Milanese. In conclusione, riteniamo che ci sia stata una frettolosa decisione unilaterale, che seppur “legittima”, sia stata presa senza considerare alternative praticabili e senza un dibattito pubblico. Una interlocuzione democratica e civile tra le diverse opinioni e tempi meno compressi per dare una risposta alla manifestazione di interesse avrebbero sicuramente portato l’emersione di altri soggetti candidati alla gestione del consultorio. Tutto questo ci induce ad esprimere un giudizio fortemente critico su quanto sta accadendo a Peschiera Borromeo dove, per fregiarsi di aver portato un servizio, si sono congelati i diritti di una grande parte della cittadinanza ad una pluralità di informazioni, soprattutto i diritti dei giovani e, ancora una volta purtroppo, quelli delle donne. Non possiamo pensare di attendere 9 anni per poterci esprimere e avere risposte.